Biorespira: semplicità, efficacia e flessibilità per colmare il gap tecnologico
A più di un anno di distanza dall’inizio della pandemia, dove la scienza e la tecnica hanno fatto passi da gigante per offrire soluzioni e contrastare il contagio e la mortalità da Covid-19, IBD si è affermato come fabbricante, dando vita e marcando il dispositivo Biorespira, che oggi si attesta come una delle più importanti novità nel campo della ventilazione polmonare non invasiva.
Andrea Visotti, ingegnere biomedico e co-founder di IBD, racconta come è nata l’idea e di quali prospettive di sviluppo si parla oggi nel team.
“A febbraio 2020, proprio all’inizio dello scoppio della pandemia, avevamo appena terminato il lungo processo di certificazione di MyDial, la nostra macchina per dialisi progettata per offrire un miglior supporto al paziente. Avevamo anticipato di un mese la chiusura del laboratorio rispetto ad altre aziende e pensavamo, con la situazione che si stava delineando, di poterci prendere un periodo di relativa calma per riposare, dopo anni di lavoro intenso”.
Biorespira nasce in un momento di difficoltà
Come ogni imprenditore sa, però, è proprio dai momenti difficili e di rivoluzione che nascono le opportunità più importanti. E la pandemia è stata proprio, in questo senso, una situazione rivoluzionaria, che ha innescato processi di creatività e nuove idee in diversi contesti. “Una domenica pomeriggio, in pieno lockdown, Corrado mi ha chiamato dicendomi che avremmo dovuto creare un ventilatore. Era quello di cui avevano bisogno i medici e gli ospedali per gestire la situazione disastrosa che stavano vivendo. Sapevamo poco della ventilazione, è vero, ma conosciamo molto bene il modo in cui si comportano i fluidi dentro ad una macchina, proprio grazie all’esperienza fatta su MyDial. Ed è così che abbiamo creato i primi prototipi nel giro di una settimana e mezzo, un tempo record in quel momento.”
Il punto di partenza è stata proprio la macchina per dialisi, su cui IBD ha lavorato per tanti anni e che il team conosce a menadito. Una macchina che, subito dopo essere stata certificata, è stata letteralmente svuotata e studiata da cima a fondo: i componenti per la dialisi, le schede e l’hardware sono stati modificati per essere adattati ai sensori necessari per costituire il ventilatore. “Progettarla da zero avrebbe richiesto almeno 4-5 mesi, ma noi non avevamo quel tempo: abbiamo optato per una riconversione molto più veloce e, se il primo aprile eravamo ancora all’inizio con nulla in mano, il 30 giugno avevamo già consegnato il fascicolo tecnico.”
Il primo prototipo di Biorespira
Il primo prototipo è quindi stato fatto sulla scheda per dialisi, ma il grosso problema nel primo lockdown era quello di trovare i componenti necessari a ricostituire la macchina e farne un ventilatore. “Abbiamo riadattato il circuito interno della macchina, riuscendo così a costituire il primo prototipo da mostrare ai medici per validarne il funzionamento. Dovevamo dimostrare loro che si trattava di un prodotto valido e di facile utilizzo, che li avrebbe aiutati nella gestione di una situazione molto dura. Così è nata Biorespira e da lì anche la partnership con SECO per la sua produzione.”
Un approccio, quello utilizzato per Biorespira, che affonda le sue radici nella reverse innovation, filosofia cui IBD si ispira sin dal primo progetto e dalla sua fondazione. La storia di IBD, infatti, inizia all’Imperial College di Londra, dove Corrado e Caterina hanno studiato e si sono incontrati mentre conducevano studi rispettivamente in ambito manageriale ed ingegneristico. “Caterina, che oggi è ingegnere nonché mia moglie, ci ha messi in contatto e Corrado mi ha chiesto subito la disponibilità a produrre una macchina per dialisi. IBD nasce così, nel 2014, con un progetto molto ambizioso, un tavolo e 4 sedie di design.”
Viene quindi da questa fruttuosa commistione di conoscenze, esperienze pregresse e determinazione a concretizzare un progetto in campo biomedico la filosofia dietro i prodotti di IBD, di cui Biorespira rappresenta l’ultimo esempio ma anche il primo step per una nuova serie di progetti di ottimizzazione. “Non abbiamo mai avuto preconcetti nella progettazione, abbiamo sempre reingegnerizzato il prodotto per renderlo più semplice possibile e poter fare una terapia alla volta, ma ben fatta. In virtù della semplicità che contraddistingue i nostri prodotti, abbiamo donato vari generatori di flusso agli ospedali, proprio perché possono essere utilizzati anche da operatori non specializzati. Chiunque riesce ad usarlo ma, allo stesso tempo, fornisce una ventilazione più complessa rispetto alla semplice somministrazione di ossigeno e, di conseguenza, è più utile in un momento come questo.”
Il futuro di IBD Italian Biomedical Devices
Una visione che si applica perfettamente anche al futuro, dove IBD ha intenzione di creare dispositivi che riescano sia a fare terapia che a rilevare ulteriori dati fisiologici, con un monitoraggio completo al letto del paziente, abbassando così i costi e creando nuovi posti di emergenza senza necessità di grandi interventi strutturali ed economici. “Ad oggi abbiamo le terapie intensive, equipaggiate con tutto ciò che è necessario, o i letti di degenza, dove invece non è presente nulla: questa è anche una delle cause alla base di quanto è successo con i posti disponibili in ospedale, che scarseggiano e sono sempre al limite della saturazione. Noi produciamo macchine che vadano a colmare questo gap portando una tecnologia facile da utilizzare direttamente in reparto, anche su pazienti non affetti da Covid.”
Una storia di successo e semplicità, proprio quella necessaria ad assicurare efficacia e flessibilità alla gestione dei pazienti che in questo momento e in futuro necessiteranno di assistenza, negli ospedali e in contesti domestici.